in Avventura

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Seth MacFarlane, conosciuto universalmente come creatore della serie TV dei Griffin, ma anche di American Dad e registra dei film Ted e Un Milione di Modi per Morire nel West, questa volta si dedica ad una serie TV, chiamata The Orville, che, pur senza fregiarsi del nome, ripropone (copia?) temi e ambientazioni di Star Trek. Chi conosce lo stile di MacFarlane si starà già facendo la domanda “Come potrebbe essere uno Star Trek dove Kirk e Spock si scambiano battute sui propri peti?”. Peccato che, malgrado il potenziale esplosivo (in positivo o negativo), The Orville (di cui sono stati trasmessi i primi 4 episodi) risulti banale e piatta sia dalla prospettiva dell’avventura nello spazio (à la Star Trek, appunto) che dal lato comico, con battute poco ispirate e spesso imbarazzanti (per chi le ha scritte).

In breve, la storia si concentra sul personaggio di MacFarlane, il capitano Ed Mercer che nel pilota della serie trova propria moglie, il comandante Kelly Grayson (Adrianne Palicki, vista di recente in Agents of Shield), a letto con un alieno (dando il La alla sequenza di gag da face-palm nella serie). Ed e Kelly divorziano e, ad un anno di distanza, Mercer viene finalmente ingaggiato come capitano della Orville, un vascello spaziale da esplorazione. Ovviamente le cose non potevano andare “lisce” per Ed e, una volta lasciato il porto spaziale dell’Unione Planetaria, si ritrova come primo ufficiale l’ex moglie.

La (non troppo originale) situazione sarà ovviamente foriera di battute e frecciatine tra i due membri dell’equipaggio che tradizionalmente rappresentano la colonna portante del personale della nave (e della serie).

A contorno, il membri della (e dell’universo intorno alla) Orville, popolato dalle più disparate razze aliene, tra cui una gelatina gigante (su cui inevitabilmente Ed inciamperà a più riprese correndo per i corridoi della propria nave), l’ufficiale responsabile della sicurezza, la piccola ma fortissima Alara Kitan e il tenente Bortus, membro di una razza aliena composta da soli maschi che si riproducono deponendo e covando le proprie uova — il fatto sarà al centro di uno degli episodi iniziali, dando uno spunto di riflessione interessante, purtroppo esplorato con un po’ di superficialità.

MacFarlane sembra aver voluto raggiungere un equilibrio molto difficile con The Orville, alternando l’epicità delle esplorazioni ispirate alla serie di Roddenberry ad un senso generale di comicità che, mixati insieme, vanno uno a discapito dell’altro: da una parte l’epicità viene “uccisa” dalle battute facili, spesso collocate nei momenti meno opportuni; dall’altra, una comicità dal “tiro” limitato appesantisce la dinamica degli episodi.

Personalmente sto seguendo e seguirò gli episodi della serie — sperando in un miracoloso colpo di reni — ma, data la fredda accoglienza mostrata da pubblico e critica, al momento i viaggi della Orville sembrano destinati a finire alla fonda del più vicino porto stellare.

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